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L’ART. 30 DELLA L. 724/1994 NON E’ PIU’APPLICABILE PERCHE’ INCOMPATIBILE CON LA NORMATIVA EUROPEA (ART. 9 PAR. 1, ART. 167 E 168 DIRETTIVA IVA)

4 novembre 2024

LE S.N.OP. NON PERDONO IL CREDITO IVA MATURATO NEGLI ANNI

SENTENZA DELLA CORTE DI GIUSTIZIA EUROPEA DEL 07/03/2024 CAUSA C-341/22


DIRITTO ALLA DETRAZIONE IVA


La normativa prevista dall’art. 30 della L. 724/1994 si propone di contrastare l’abuso nell’utilizzo delle società non operative o c.d. di “comodo”, fissando una soglia minima di ricavi in rapporto al valore degli asset aziendali al di sotto dei quali la società viene presuntivamente considerata non operativa.

Resta salva, comunque, la facoltà di presentare apposito interpello disapplicativo di tale normativa dimostrando che per motivi oggettivi non è data la possibilità di superare tali limiti.

In mancanza le società si ritengono presuntivamente non operative o di comodo, con la conseguenza normativamente prevista, oltre di dover dichiarare comunque un reddito minimo positivo pari ad una determinata percentuale ai fini delle imposte dirette, di non poter detrarre l’IVA a credito, né chiedendola a rimborso, né utilizzandola in compensazione né tampoco potendo cedere in alcun modo il relativo credito.

Nel caso le società per tre esercizi consecutivi si ritrovino nella medesima condizione di non operatività, perderanno definitivamente il credito IVA maturato in base al disposto dell’art. 30 c. 4° della L. 724/1994.


La Suprema Corte di Cassazione chiamata a pronunciarsi su un diniego dell’Agenzia delle Entrate ad un rimborso IVA richiesto da una società qualificata come non operativa, nutrendo dubbi sulla compatibilità di tale normativa con le direttive della comunità europea sull’IVA, con l’ordinanza n. 16091 del 19.05.2022 ha investito del problema la Corte di Giustizia Europea per la pronuncia in via pregiudiziale sul caso C-341/22 Feudi di San Gregorio Aziende Agricole SpA c/o Agenzia delle Entrate.


In particolare, la Cassazione ha posto all’esame della CGE i seguenti tre quesiti:

1)    Se la qualità di soggetto passivo IVA, ai fini della detraibilità della medesima imposta, possa compatibilmente con l’art. 9, par. 1, della direttiva IVA 2006/112, essere negata in caso di operazioni attive effettuate in misura non coerente, in quanto eccessivamente bassa rispetto al quantitativo degli asset aziendali di cui dispone, per tre anni consecutivi secondo criteri predeterminati dalla legge e non sia in grado di dimostrare, a giustificazione di tale circostanza, l’esistenza di condizioni ostative.

2)    Nel caso in cui al primo quesito sia data risposta negativa, se l’art. 167 della direttiva IVA 2006/112 ed i principi generali della neutralità dell’IVA e di proporzionalità della limitazione al diritto alla detrazione dell’IVA ostano ad una disciplina nazionale che con l’art. 30, comma 4, L. 724/1994 nega il diritto alla detrazione dell’IVA di rivalsa assolta sugli acquisti, di rimborso della stessa o di utilizzazione della stessa in un successivo periodo d’imposta al soggetto passivo che, per tre periodi d’imposta consecutivi, esegua operazioni rilevanti ai fini IVA in misura ritenuta non coerente, in quanto eccessivamente bassa rispetto al quantitativo degli asset aziendali di cui dispone, secondo criteri predeterminati dalla legge e non sia in grado di dimostrare, a giustificazione di tale circostanza, l’esistenza di condizioni ostative.

3)    Nel caso in cui al secondo quesito sia stata data risposta negativa, se i principi dell’Unione Europea della certezza del diritto e della tutela del legittimo affidamento ostano con la disciplina nazionale che, con l’art. 30, c. 4 della L. 724/1994, nega il diritto di detrazione dell’IVA di rivalsa assolta sugli acquisti, di rimborso della stessa o di un suo utilizzo in un successivo periodo d’imposta al soggetto passivo d’imposta che, per tre periodi d’imposta consecutivi, esegua operazioni rilevanti ai fini IVA in misura ritenuta non coerente, in quanto eccessivamente bassa rispetto al quantitativo degli asset aziendali di cui dispone, secondo criteri predeterminati dalla legge e non sia in grado di dimostrare, a giustificazione di tale circostanza, l’esistenza di condizioni ostative.


La CGE ricorda nella sentenza che la lotta contro le frodi, evasione fiscale ed eventuali abusi costituisce un obiettivo riconosciuto ed incoraggiato dalla direttiva IVA e che i contribuenti non possono avvalersi fraudolentemente o abusivamente delle norme del diritto dell’Unione. Ribadisce, inoltre, che il diritto alla detrazione dell’IVA può comunque essere negato al soggetto passivo qualora sia dimostrato, alla luce di elementi oggettivi, che sia stato invocato fraudolentemente o abusivamente.


Nel caso di specie, l’art. 30, c. 4, della L. 724/1994 mira a contrastare le evasioni disincentivando la costituzione di società di comodo, introducendo la presunzione legale in base alla quale quando, in un determinato periodo d’imposta, le operazioni attive (a valle) sono al sotto di una determinata soglia calcolata in base ai criteri fissati nel medesimo articolo, la società viene ritenuta di diritto non operativa, a meno che non riesca a dimostrare che elementi oggettivi giustifichino l’impossibilità di raggiungere tale soglia.

In tali circostanze la società non può detrarre l’IVA pagata a monte dall’Iva da pagare a valle per le operazioni attive in tale periodo d’imposta e, dopo tre periodi d’imposta consecutivi nella medesima situazione, perde definitivamente il diritto alla detrazione ed al rimborso della stessa IVA non ammessa in detrazione.

Tale presunzione secondo la Corte Europea non è sufficiente a provare l’esistenza di un abuso od un uso fraudolento, necessario per poter negare il diritto alla detrazione.

Secondo la CGE tale diritto può essere negato solo quando i fatti invocati a fondamento dell’evasione, dell’abuso o uso fraudolento siano sufficientemente dimostrati con elementi certi ed oggettivi, non con semplici presunzioni anche se legali.


La CGE con la sentenza del 07.03.2024, in conclusione, si pronuncia in tal modo:

1)     Sulla prima questione, l’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, deve essere interpretato nel senso che esso non può condurre a negare la qualità di soggetto passivo dell’imposta sul valore aggiunto (IVA) al soggetto che, nel corso di un determinato periodo d’imposta, effettui operazioni rilevanti ai fini dell’IVA il cui valore economico non raggiunge la soglia fissata da una normativa nazionale, la quale soglia corrisponde ai ricavi che possono ragionevolmente attendersi dalle attività patrimoniali di cui tale ente dispone.

2)    Sulla seconda questione, l’articolo 167 della direttiva 2006/112 nonché i principi di neutralità dell’IVA e di proporzionalità devono essere interpretati nel senso che essi ostano a una normativa nazionale in forza della quale il soggetto passivo è privato del diritto alla detrazione dell’IVA assolta a monte, a causa dell’importo, considerato insufficiente, delle operazioni rilevanti ai fini dell’IVA effettuate da tale soggetto passivo a valle.

3)    Quanto alla terza questione, tenuto conto della risposta fornita alla seconda questione, e poiché la terza questione è sollevata solo nell’ipotesi di una risposta negativa a quest’ultima, la CGE ritiene di non rispondere.


Di conseguenza, in base a tale recente interpretazione, l’art. 30, c. 4 della L. 724/1994 non è compatibile con le direttive IVA europee e dovrà, pertanto, essere disapplicato dai giudici nazionali.


In tal senso si sta già adeguando la giurisprudenza di legittimità con le recenti sentenze della Suprema Corte n. 24163, n. 24174, n. 24176 del 09.09.2024, e n. 24416, n. 24442 del 11.09.2024.


Non resta ora che anche l’Agenzia delle Entrate si adegui a tale interpretazione riconoscendo il rimborso e la detrazione dell’IVA a monte alle società considerate non operative ai sensi dell’art. 30, c. 4 cit., ovvero negandolo solo nei casi di comprovato e dimostrato abuso o uso fraudolento che comporta evasione d’imposta.

Cass. Ord. 16091 del 19.05.2022 CGE sent. 07/03/2024 CAUSA C-341/22 Cass. sent. 24163 del 09.09.2024

Studio Legale Tributario

LE S.N.OP. NON PERDONO IL CREDITO IVA MATURATO NEGLI ANNI
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